- Introduzione
Per analizzare nello specifico i diversi conflitti etnici che si sono susseguiti nella storia della Repubblica Democratica del Congo (RDC) è necessario definire la parola conflitto. Con questo termine si intende generalmente un’opposizione di interessi o di opinioni tra due o più persone, etnie o agenti. Nel caso della RDC, diverse etnie hanno dimorato in questo contesto geografico, giungendo spesso a divergenze e profonde incomprensioni. Si considera etnia un gruppo di persone che condividono lo stesso linguaggio, le stesse tradizioni e pertanto la stessa cultura.
2) Etnie differenti: i quattro regni
La prima etnia ad abitare l’attuale RDC è stata quella Pigmea. I Pigmei sono una popolazione nomade che si raggruppava, al tempo del suo arrivo in RDC, in diversi clan. Un clan è un insieme di famiglie che condivide lo stesso leader. Ad esempio, tra i clan Pigmei era possibile trovare i Batwa, i Babenzi e i Babinga. Questi gruppi rifiutavano categoricamente di modernizzarsi e di conformarsi a stili di vita che non fossero quelli tradizionali. Tutti e tre i clan Pigmei hanno prosperato grazie alla caccia, alla pesca e all’agricoltura.
A distanza di alcuni secoli dall’insediamento dei Pigmei, le etnie Bantu sono giunte in Congo, lasciando le regioni di origine. I Bantu decisero di migrare circolarmente in diverse aree dell’Africa: di fatto, le popolazioni Bantu che popolarono il Congo erano il frutto di queste migrazioni intracontinentali. Ciascun gruppo di Bantu possedeva tradizioni tipiche che si potevano contraddistinguere da quelle degli altri gruppi.
Una volta stabilizzati in RDC, i clan Bantu hanno compreso che in realtà i loro stili di vita non erano completamente antitetici e hanno deciso di unirsi in macrogruppi che condividevano delle tradizioni e culture simili. Questi macrogruppi sono diventati i quattro grandi regni: Kongo, Kuba, Lunda e Luba. Ognuno di questi regni presentava delle sfumature rispetto al modo di intendere il potere, la famiglia, i diritti e la religione. Ad esempio, nel regno dei Luba, le bambine erano considerate pronte per il matrimonio subito dopo il loro primo ciclo mestruale. Al giorno d’oggi, il problema delle ragazze che si sposano precocemente e diventano madri è ancora diffuso in RDC. Infatti, diverse ragazze appena maggiorenni sono costrette dalle loro famiglie a trovare marito, talvolta con la forza. La Presidentessa di Magic Amor, la dottoressa Carla Mauro, ha sottolineato come il problema dell’educazione femminile sia al centro della missione dell’associazione. È importante infatti divulgare nella società congolese che le ragazze hanno non solo il diritto ma anche il dovere di potersi istruire, formare ed eventualmente trovare lavoro prima di sposarsi.
Un altro esempio di tradizioni specifiche poteva essere osservato nel regno Lunda: il re veniva scelto da un consiglio di nobili che consultava la Narweg, una figura femminile con il potere di prevedere il futuro, proprio come l’oracolo di Delfi. Ancora, parlando questa volta del regno dei Kuba, il gruppo etnico dei Bashilele poneva la donna alla pari dell’uomo, tanto che questa poteva avere più mariti contemporaneamente.
Nonostante l’apparente tranquillità che permeava la vita dei quattro regni, i conflitti etnici tra gruppi sono emersi relativamente presto nella storia congolese.
3) Conflitti etnici
Il primo scontro culturale è avvenuto tra gli autoctoni Pigmei e i Bantu. Questi ultimi erano considerati colpevoli di aver imposto la loro presenza in RDC in maniera forzata e violenta, costringendo i Pigmei a rifugiarsi nella zona dell’Equatore. A seguito delle faide interne ai clan Bantu che hanno seguito lo scontro con i Pigmei, la RDC ha raggiunto una relativa tranquillità etnica, che è perdurata fino all’ultima decade del ventesimo secolo, quando hanno avuto luogo una serie di duri scontri tra i diversi gruppi etnolinguistici.
Il primo da menzionare è quello avvenuto nello Stato del Katanga, dove i Luba si sono stanziati, finendo per acquistare molte delle abitazioni della popolazione locale, la quale si sentì minacciata e derubata del proprio diritto al lavoro e delle proprie dimore.
Nel 1994 un’altra guerra etnica è esplosa in RDC: quella tra i Banyamulunge – autoctoni, ma anche provenienti dal Ruanda – e il resto degli abitanti dell’est. Ancora oggi, lo scontro si trascina sotto forma di guerriglia e schermaglie che spesso comportano numerose vittime civili.
4) Nel ventunesimo secolo
Con l’inizio del nuovo secolo, le tensioni etniche nella RDC non sono diminuite. Fin dal 2001 la geografia congolese è stata caratterizzata dallo stabilimento di confini interni arbitrari e immaginari, dovuti alla volontà di ciascuna etnia di avere uno spazio proprio. Il tentativo di dividere il paese è stato fortemente plausibile fino al 2004, quando Jean Pierre Bemba, Joseph Kabila, Arthur Ngoma e Azarias Ruberwa hanno dato via al governo dei “1+4”. Questo accordo, che vedeva Kabila nel ruolo di Presidente della Repubblica e gli altri tre esponenti politici come Vicepresidenti, ha posto fine all’intenzione di ricreare i quattro regni. Bemba voleva riappropriarsi dell’Equatore, Ruberwa della RDC orientale, Ngoma della regione del Katanga e Kabila di Kinshasa e dell’area centrale.
Dopo nemmeno due anni di tregua, nel 2006, nell’antica regione del Kongo, un gruppo di ribelli ha deciso di insorgere contro il governo di Kabila e di proclamare la Repubblica Federale del Kongo Centrale. Gli abitanti locali sono stati oggetto di veri e propri massacri, a cui si è aggiunta la risposta dell’esercito regolare congolese nel 2008, che ha sterminato i ribelli in modo crudo e violento.
Alcuni anni dopo, tra il 2016 ed il 2019, è scoppiata la ribellione del Kamwina Nsapu. È stata una rivolta istigata dalle milizie del luogo, che ha coinvolto la regione del Kasaï. Il gruppo ribelle era composto principalmente da membri del gruppo etnico dei Luba che si erano scagliati di forza contro altri gruppi etnici locali del Kasaï, uccidendo sommariamente un migliaio di individui. Altresì, i Luba avevano arruolato dei bambini, anche piccolissimi, nell’esercito, creando ulteriore sgomento e frustrazione tra la popolazione.
Nel marzo del 2021, il leader del gruppo Kamwina Nsapu, Laurent Nsumbu, è stato imprigionato a vita. Il giudizio è stato emesso dal Militare Tribunale di Kananga per crimini di guerra. Nell’agosto 2021 i Kasaiani si sono riuniti a Kinshasa per ricordare gli orrori subiti da chi è morto durante gli scontri.
Per concludere, nel 2022, le tribù Yaka e Teke si sono scontrate violentemente. I Teke, che discendono dai primi Bantu arrivati in Congo, sono ritornati in RDC dopo essere migrati per diversi secoli e hanno espropriato le terre degli Yaka, i quali sono contrari alla sedentarizzazione dei Teke in RDC e per questo motivo hanno iniziato un conflitto.
5) Conclusioni e riflessioni sul ruolo di Magic Amor
La realtà descritta dimostra come la RDC non abbia solamente dovuto superare momenti di forte instabilità politica che hanno creato condizioni economiche sfavorevoli, situazioni sociali difficili e portato a scontri politici anche armati e violenti, ma che abbia anche dovuto fare esperienza di conflitti etnici pervasivi e profondi, che hanno eroso la coesione del Paese.
Partendo dalla rivalità fra Pigmei e Bantu fino alle guerriglie più recenti dei Kamwina Nsapu o degli Yaka contrapposti ai Teke, il tema ricorrente è quello di un forte senso di appartenenza alla propria cultura e alle proprie tradizioni di ciascuno di questi gruppi. Una sorta di campanilismo regionale, che anziché trasformarsi in modelli di autonomia differenziata che avessero il fine di proteggere le peculiarità appartenenti alle diverse etnie, ha reso la società congolese ancora più instabile e lacerata.
Diversi bambini hanno visto i loro genitori morire durante questi conflitti, rimanendo quindi orfani e perdendo quasi tutte le loro speranze di vivere un futuro felice. In queste circostanze Magic Amor ha svolto l’arduo compito di aiutare quei bambini a costruirsi nuove speranze. Il dottor Grace Mansita, volontario del centro polivalente di Kimbuta, ha raccontato come Magic Amor abbia creato, grazie al suo centro, un luogo in cui i bambini, senza distinzione di provenienza o sesso, possano sentirsi protetti dai pregiudizi etnici e al riparo dagli scontri sociali. Nelle sue parole: “quando ai bambini di San Marcello si chiede da dove vengano, loro non ti rispondono mai con il nome della regione o del gruppo sociale in cui sono nati o di cui fanno parte, ma ti dicono semplicemente che vengono da San Marcello”. Ed è per questa ragione che il dottor Mansita, la dottoressa Ambatolama, la dottoressa Carla Mauro e tutto lo staff di Magic Amor lavorano quotidianamente per migliorare le strutture del centro: garantire un futuro migliore a molti bambini che hanno perso le loro famiglie – anche in questi conflitti – per insegnare che, nonostante gli uomini siano spesso egoisti, per loro c’è ancora la speranza di seguire un sentiero alternativo, dove la diversità non è sinonimo di guerra, ma piuttosto di arricchimento personale e d’integrazione, scopri come.
Nicola Ragazzi